Omelia del vescovo Egidio per la Veglia Pasquale
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Sabato 3 aprile 2021 - Chiesa Cattedrale

 

La Resurrezione di Cristo Gesù dai morti è il centro del messaggio cristiano, il cuore dell’anno liturgico e l’evento che getta la sua luce decisiva su tutta la storia dell’Alleanza tra Dio e noi suo popolo.

Eppure, non esiste una poesia della Resurrezione come esiste del Natale. Il che è facilmente comprensibile: mentre la nascita di un bambino è evento che appartiene alla nostra esperienza e, oltretutto, tenerissimo e facilmente rappresentabile e riproducibile, la Resurrezione di un uomo, purtroppo, è un fatto totalmente al di fuori della nostra portata ed è un evento che stentiamo anche solo ad immaginare.

Di qui, l’infinitamente maggior popolarità del Natale rispetto alla Pasqua.

 

Paqua: poesia della vita

Eppure, se ci pensate, quanta poesia anche nella Resurrezione: la poesia della vita, della rinascita dalla morte, della vittoria sul peccato; la poesia della donazione di sé che trionfa dopo aver attraversato la sconfitta; la poesia che dalla Resurrezione si origina, di un effetto travolgente come è l’incontro di Emmaus, la Pentecoste, la nascita della Chiesa, il nostro stesso essere qui questa sera, dopo secoli, eredi di una tradizione e di una fede nate da quella pietra rimossa, dal sepolcro vuoto, dal mattino di Pasqua e poi passate di generazione in generazione, fino ai nostri vecchi, e a noi.

La resurrezione è un evento straordinario che ne genera altri, che ci interpella, che con forza chiama le nostre vite a credere alla vita e a non arrenderci davanti al peccato, al dolore e alla morte.

 

Il riscatto della mediocrità del male

Se però non vogliamo che le parole restino tali, anche con il loro suono incoraggiante, ma diventino realtà e fatto, dobbiamo anzitutto rispondere affermativamente a una domanda che proprio la liturgia di questa notte ci rivolge con forza: “Rinunciate a Satana, a tutte le sue opere e seduzioni?”. E più precisamente:  “Rinunciate al peccato per vivere nella libertà dei figli di Dio?”. Sono le cosiddette “promesse battesimali”.

Intendo dire che ci si può convertire, e quindi fare Pasqua ed entrare nel flusso positivo della Resurrezione solo se alla base c’è un taglio netto, uno stacco, un forte cambiamento. Una rinuncia, appunto; la rinuncia a Satana.

E quando penso a Satana non penso immediatamente a chissà quale personificazione del male; penso piuttosto alle conseguenze della sua azione, a quella rete subdola di male poco appariscente che tuttavia impiglia le nostre vite.

Situazioni poco chiare che si sono create e sclerotizzate nel tempo; piccole rendite di posizioni moralmente discutibili; linee di condotta o modi di essere opachi, o comodi, o meschini; dinamiche familiari o sul lavoro in cui non perseguiamo il bene e non diamo il meglio, ma, magari, attuiamo strategie di controllo e prevaricazione. Intendo edonismi ripetuti e infruttuosi; intendo comportamenti che di cristiano non hanno nulla ma cui ci siamo assuefatti, perché così fan tutti o perché, tanto, pensiamo che, se non li adottiamo noi, ci penserà qualcun altro. Sì, Satana come quella abitudine alla penombra, al male magari non appariscente o apparentemente non grave ma che condiziona le nostre vite condannandole a una mediocrità senza fine, dalla quale crediamo di poter uscire quando vogliamo ma che non ci accorgiamo di non voler lasciare mai.

 

Ciascuno conosce le proprie zone grigie; ciascuno sa come e quanto è tributario del male, come e quanto sottrae vita anziché crearne, in ogni ambito in cui agisce. Ciascuno di noi, quindi, sa bene dove dovrebbe prodursi la sua rinuncia, il suo stacco deciso e liberatorio; da dove iniziare a fare Pasqua davvero, a risorgere con Cristo e in Cristo.

L’alterativa è la prosecuzione di un’esistenza schiava di se stessa, che non sa cambiare e che non approda a nulla, se non alla ripetizione dei propri riti e alla replica del proprio triste spettacolo di piccinerie, egoismi e fallimenti.

Ripartire alla luce della fede pasquale

È ciò che mi sento di augurare a ciascuno di voi e a me stesso per questa Pasqua 2021, anno difficile che più di altri ci chiede la forza della rinuncia al male e della scelta profonda del bene. Perché vinca, in Cristo Risorto, la nostra Vita nella sua forma più degna e più bella.

Sono convinto, infatti, che anche il desiderio di una ripartenza sociale, collettiva che tutti auspichimo, non possa avere buon esito senza un rinnovamento personale, profondo. Cosa non facile, indubbiamente, ma possibile, nella luce della fede pasquale.

 

Come ho scritto nel messaggio per queste festività: non c'è morte dalla quale il Signore non sia in grado di farci risorgere. Là dove sperimentiamo la prostrazione Egli ci dia forza per rialzarci e riprendere il cammino.

Lui, ne siamo certi, già cammina da Risorto al nostro fianco. La sua risurrezione è promessa e garanzia anche di ogni nostra risurrezione, e di ogni nostra ripartenza.

+ Egidio, vescovo

 

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