Omelia del vescovo Egidio per la Domenica delle Palme 2020
Description
Omelia del vescovo Egidio per la Domenica delle Palme 2020
5 Aprile 2020, Santuario di Vicoforte - celebrazione a porte chiuse
1. Celebrare la domenica delle palme nelle case e nei cuori
La domenica delle palme richiama sempre un’idea di primavera, di festosità. In genere è soleggiata, magari ventilata, e la processione o almeno la benedizione e la consegna degli ulivi le danno un che di sacro e di mediterraneo insieme, che ce la rende cara. 
Prima dei riti della Settimana Santa, la domenica delle palme lascia intuire la gioia gloriosa che sarà della Pasqua, ma la mescola anche alle tinte della passione.
Quest’anno, manca la dimensione esterna, che non significa esteriore.
Manca la felicità del trovarsi in chiesa, del salutarsi, dello stringersi la mano.
Quest’anno, intorno a noi grida più la passione che l’esultanza.
Dobbiamo accettarlo.
Quest’anno tutto avviene nelle case, e nei cuori. Anche questa celebrazione.

Ma, del resto, non è esattamente lì, nelle case e nei cuori, che si rinnovano ogni giorno le due verità contrastanti della domenica delle palme? 
Non è nelle case e nei cuori che quotidianamente accogliamo e tradiamo Gesù? Che coltiviamo le migliori intenzioni e insieme andiamo incontro ai più sconfortanti fallimenti, relazionali, personali, della vita di fede? 
Tanto più in tempi di clausura forzata e di convivenza prolungata, sperimentiamo la nostra umana fragilità, dentro i nostri spazi angusti. 
Perciò, può essere bello celebrare oggi in quella dimensione più intima la domenica delle palme. Essa ci dice che il Signore viene, ma ci dice anche che viene per sopportare il peso del nostro tradimento. In lontananza, la certezza della resurrezione pasquale può aiutarci a reggere la consapevolezza dei nostri limiti e dei nostri peccati, quelli che consegnano Gesù alla morte. 
Ma è anche utile che, prima di quel riscatto, meditiamo su ciò che siamo, senza sconforto, perché Cristo ci salva, ma con onestà.
 
2. La narrazione della Passione del Signore
Nella settimana santa, a dire il vero, la Passione viene letta due volte: nel giorno delle Palme e nel venerdì santo. Il venerdì santo propone sempre il vangelo di Giovanni; mentre nella domenica odierna si ascolta uno dei sinottici. Oggi abbiamo ascoltato la versione di Matteo. Facile intuire come ogni racconto abbia caratteristiche proprie.
Qui più che una predica esauriente vorrei proprio evidenziare alcune specificità della pagina ascoltata, quasi come provocazione alla curiosità di ognuno, come stimolo a prendere tra le mani il Vangelo, in questi giorni, e a rileggere i racconti della passione. 
Ricordiamolo: Non ci sono parole adatte a penetrare il mistero della passione e morte di Gesù. Solo lo Spirito santo ci può condurre, personalmente, al centro di questo mistero.
 
3. Particolarità del Vangelo di Matteo
Dunque la versione di Matteo. Matteo dopo aver strutturato il suo Vangelo su cinque grandi discorsi, dedica due capitoli alla Passione, lasciando questa volta parlare il silenzio e i gesti di Gesù.
Forse l’abbiamo notato: nel racconto di Matteo, quando ormai la passione è al suo culmine, le parole pronunciate da Gesù sono poche; quelle essenziali per raccontare la sua sofferenza d’amore e il suo abbandono al Padre. In questo racconto, ripeto, parlano i silenzi e i gesti.
Un autore scrive: “La presenza del Regno non ha più la necessità di essere raccontata in parabole, ma ora solo contemplata nella persona di Colui che si presenta come Re umiliato, deriso, consegnato e crocifisso”.
 
Ma c’è un elemento centrale, notano gli esegeti, che attraversa il racconto e diventa la chiave simbolica per comprendere il senso della passione: il sangue di Gesù:
  • Dal sangue dell’alleanza versato per la remissione dei peccati di cui parla la Cena
  • Al “campo di sangue” acquistato dai capi dei sacerdoti e dagli anziani con i 30 denari (prezzo di sangue) riportati da Giuda pentito
  • senza dimenticare le parole del popolo a Pilato: “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli…”.
San Giovanni, nel suo Vangelo, metterà in risalto il sangue di Gesù e il suo significato, fissandola quasi in una istantanea riassuntiva: quella del colpo di lancia che fa zampillare sangue con acqua dal costato di Cristo.
Dunque, sangue versato come memoria da rinnovare, sangue venduto a caro prezzo, sangue asperso sul popolo, sangue lasciato in eredità come ultimo dono.
Il significato ultimo di quel sangue, lo sappiamo, è la remissione dei peccati. Qui sta il senso della passione: perché tutti noi nel sangue di Cristo fossimo perdonati, e i nostri peccati “lavati”.
Un’espressione della Lettera agli Ebrei dice che quello di Gesù è un sangue che parla, «con voce più eloquente di quella di Abele». Diciamolo diversamente: nella passione la Parola di Dio si è fatta sangue versato. 
E parla di un’offerta di amore che vince tutti gli ostacoli all’amore. Se uno dice: Parola di Dio, la formula può trasmettere un’idea intellettuale. Ma se si dice che è un sangue che parla, si coglie tutta la concretezza di quella parola e di quel dono. 
Il sangue è l’essenza di noi, percorre il nostro corpo, è la nostra più intima fisicità. Gesù ha versato questo. Lo versa in ogni Eucarestia, possiamo anche dire. Quel sangue ci grida il suo sacrificio, la totale, assoluta pienezza di quell’offerta di sé per la nostra salvezza. Un sangue versato di cui quotidianamente facciamo memoria, a perenne ricordo di un amore che non viene mai meno.
---------------------
Non basterà una vita per comprendere il senso di tutto ciò, per comprendere l’atrocità della passione e l’immensità dell’amore che la giustifica.
L’unica via per intuire qualcosa è, come dicevo sopra, la contemplazione silenziosa nella certezza che in quella morte è scritto il destino di ognuno di noi. 
In questi giorni allora, proviamo a fermarci, a rileggere queste pagine, a contemplare i gesti e i silenzi di Gesù e chiediamo allo spirito di introdurci in questo mistero di dolore e di amore.
 
 
4. Una Giornata della gioventù senza i giovani, ma senza dimenticarci di loro
Permettete un’ultima riflessione. Non possiamo dimenticare che la festa delle palme è da alcuni decenni anche la Giornata mondiale della Gioventù, per le nostre diocesi. «Giovane, dico a te, alzati! (cfr Lc 7,14)» è il tema scelto da papa Francesco per questa XXXV Giornata. Una giornata, questa, che non permetto di vedere giovani radunati; ma non per questo li dimentichiamo.
Lo slogan, il tema della giornata, rilancia le parole di Gesù al giovane, figlio della vedova di Nain. 
Colgo dal messaggio del papa due sottolineature.
 
- Giovani con gli occhi attenti sul mondo
La prima mette in luce il punto di partenza di questa vicenda evangelica: lo sguardo di Gesù attento e non distratto di Gesù, che sa scorgere il dolore di una madre per la morte del figlio. Papa Francesco attualizza per i giovani:
“E il mio sguardo, com’è? Guardo con occhi attenti, oppure come quando sfoglio velocemente le migliaia di foto nel mio cellulare o i profili social? Quante volte oggi ci capita di essere testimoni oculari di tanti eventi, senza però mai viverli in presa diretta! […] Intorno a noi, ma a volte anche dentro di noi, incontriamo realtà di morte: fisica, spirituale, emotiva, sociale. Ce ne accorgiamo o semplicemente ne subiamo le conseguenze? C’è qualcosa che possiamo fare per riportare vita?”
Un interrogativo ineludibile, oggi, alla luce di quanto stiamo vivendo, perchè ci rimanda alla cronaca quotidiana segnata dalla pandemia in corso, alle migliaia di morti, alla sofferenza immensa di tante persone. “Ce ne accorgiamo o semplicemente ne subiamo le conseguenze? C’è qualcosa che possiamo fare per riportare vita?”. Un interrogativo che ci richiama alla serietà della vita, nostra e degli altri, e a una immersione matura nell’oggi del mondo, a una solidarietà che dobbiamo riscoprire e vivere nei gesti quotidiani.
 
- Giovane, dico a te, alzati! Ora!
La seconda sottolineatura vuole riprendere le parole di Gesù rivolte al giovane morto, parole già citate anche nel documento Chistus vivit, e che oggi suonano rivolte ad ogni giovane: “Giovane, dico a te, alzati!”. Così traduce papa Francesco: «Se hai perso il vigore interiore, i sogni, l’entusiasmo, la speranza e la generosità, davanti a te si presenta Gesù come si presentò davanti al figlio morto della vedova, e con tutta la sua potenza di Risorto il Signore ti esorta: “Ragazzo, dico a te, alzati!”».
Anche tra i giovani “c’è chi vivacchia nella superficialità, credendosi vivo mentre dentro è morto. Ci si può ritrovare a vent’anni a trascinare una vita verso il basso, non all’altezza della propria dignità. Tutto si riduce a un “lasciarsi vivere” cercando qualche gratificazione: un po’ di divertimento, qualche briciola di attenzione e di affetto da parte degli altri...”.
Non è bello, non è giusto, mai. In un tempo pieno di sfide come quello attuale non è onesto né dignitoso. Già oggi, dentro questa situazione, e soprattutto appena sarà passata l’emergenza avremo bisogno di tutte le risorse disponibili, di personalità all’altezza dei problemi, con intuizioni e larghezza di vedute; persone generose che senza retorica o calcolo, in ogni campo, sappiano porsi al servizio, individuare le priorità vere, e dare il loro apporto per rimettere in moto il paese. Solo così davvero rialzeremo la testa. 
E chi meglio dei giovani può fare questo? Chi meglio dei giovani ha la forza e l’entusiasmo necessario? 
In ogni campo, dicevo, compreso quello ecclesiale, avremo bisogno di giovani sinceri e audaci, consapevoli delle urgenze e della gravità del momento presente e disponibili a fare la loro parte, disponibili a giocare la loro vita. Diversamente, tra non molto, l’assenza della messa domenicale diverrà la norma per molte comunità; le chiese chiuse, saranno la situazione ordinaria. E l’elenco potrebbe continuare.
Mai come ora, pertanto, è attuale la parola di Gesù: “Chi ama (trattiene) la sua vita la perde, e chi la perde (la dona) la ritrova!”.
Giovane, dico a te, alzati! Dice Gesù, ancora oggi. 
Sì, anche voi giovani potete avvicinarvi alle emergenze e fare la vostra parte, potete avvicinarvi alle realtà di dolore e di morte che incontrate, potete toccarle e generare vita come Gesù. 
Questo è possibile, grazie allo Spirito Santo, se voi per primi vi lasciate toccare dal suo amore.
 
+ Egidio, vescovo
 

Details